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APPROFONDIMENTI - Gli effetti in Trentino dell’eventuale applicazione dei nuovi standard ospedalieri

- Carlo Stefenelli - - 28.11.2012 09:28


Carlo Stefenelli, Presidente AIOP P.A. Trento

LE PREMESSE

L’ipotesi di riorganizzazione del sistema ospedaliero nazionale prevista dalla bozza di regolamento del Ministro Balduzzi, prossimamente all’esame della Conferenza Stato-Regioni, prevede una drastica riduzione dei posti letto con eliminazione degli ospedali, pubblici e privati, al di sotto degli 80 posti-letto per acuti e l’altrettanto drastica riduzione dei posti letto per riabilitazione e lungodegenza.

Una prima considerazione da sottolineare è che il mero riferimento ai posti-letto appare un concetto obsoleto ed anacronistico. Gli ospedali che in questi anni si sono modernizzati hanno puntato a ridurre le aree di degenza per fare spazio alla diagnostica strumentale, sempre più sofisticata e costosa, incrementando l’attività ambulatoriale. A titolo di esempio, gli spazi necessari per la diagnostica per immagini, con particolare riferimento alla RMN e quelli indispensabili per i poliambulatori specialistici con relativa dotazione strumentale hanno comportato il sacrificio negli edifici di piani interi precedentemente dedicati ad attività legata alla degenza ospedaliera.

Nel valutare l’efficienza e pertanto la sostenibilità economica di un ospedale, i parametri da valutare devono riguardare il fatturato, il rapporto fatturato/costi, il numero e la qualità delle prestazioni effettuate, il numero, la qualità ed il grado di diversificazione specialistica dei medici, le liste di attesa per ogni singola specialità con un puntuale confronto delle stesse fra ospedali pubblici e privati, il rapporto fatturato/posti-letto ed il rapporto fatturato/personale (dipendente e collaborante). Inoltre è impensabile progettare una ristrutturazione della rete ospedaliera senza una puntuale analisi della realtà territoriale: ciò vale soprattutto nel nostro Trentino dove si rischierebbe di lasciare delle Valli intere senza un ospedale di base di riferimento.

Le principali indicazioni della bozza di decreto ministeriale relative alla nuova rete ospedaliera prevista sono le seguenti:

  • Posti letto 3,7/1000 abitanti di cui 3 per acuti, 0,5 per riabilitazione e 0,2 per lungodegenza.

  • Tasso di ospedalizzazione 160/1000 abitanti.

  • Ospedali di base, con bacino fra 80.000 e 150.000 abitanti, dotati di PS con OBI (osservazione breve intensiva), medicina, chirurgia, anestesia, ortopedia, radiologia, laboratorio, emoteca.

  • Ospedali di I livello, con bacino fra 150.000 e 300.000 abitanti, dotati di PS con OBI (osservazione breve intensiva) e terapia subintensiva, medicina, chirurgia, anestesia, ortopedia e traumatologia, ostetricia e ginecologia, radiologia con TAC ed ecografia disponibili per 24 ore direttamente o in rete, laboratorio disponibile 24 h, emoteca con centro immunotrasfusionale, pediatria, cardiologia con UTIC, neurologia, psichiatria, oculistica, otorinolaringoiatria, urologia. Per patologie complesse (cardiovascolari, stroke, traumi) sono previste forme di collegamento delle immagini ed eventuale trasferimento dei pazienti in base a protocolli presso le strutture di II livello.

  • Ospedali di II livello, con bacino fra 600.000 ed 1.200.000 abitanti, dotati, in aggiunta ai servizi già previsti per il primo livello, di cardiologia con emodinamica interventistica, neurochirurgia, cardiochirurgia con rianimazione cardiochirurgica, chirurgia toracica, chirurgia vascolare, chirurgia maxillo-facciale, chirurgia plastica, endoscopia digestiva ad elevata complessità, broncoscopia interventistica, radiologia interventistica, rianimazione pediatrica e neonatale, medicina nucleare più eventuali altre alte specialità.

Nelle regioni con meno di 600.000 abitanti la conferma del presidio di secondo livello deve essere subordinata ad un accordo di programmazione integrata interregionale in modo da garantire la soglia minima del bacino d’utenza.

  • L’occupazione del posto letto si deve avvicinare allo standard del 90% e la durata media di degenza deve essere inferiore a 7 giorni.

LE CONSEGUENZE IN TRENTINO

La rigida applicazione dei parametri ministeriali comporterebbe in Trentino conseguenze che sarebbero catastrofiche sulla qualità dell’assistenza oggi offerta ai cittadini: il taglio dei posti letto attuali, nel pubblico e nel privato, in relazione al numero di abitanti di ogni singola valle della nostra provincia, viene riportato nella tabella allegata. Complessivamente si dovrebbero eliminare 101 posti letto per acuti, 101 posti letto di riabilitazione e 115 posti letto per lungodegenza post-acuzie. Il taglio dei posti letto negli ospedali pubblici dovrebbe essere almeno del 50% rispetto al numero complessivo.

Nel dettaglio si verificherebbero le seguenti situazioni:

  • Le case di cura Villa Bianca e Solatrix dovrebbero chiudere i reparti per acuti e quindi dovrebbero conseguentemente sospendere la propria attività

  • Il taglio dei posti letto per lungodegenza e riabilitazione comporterebbe l’impossibilità di proseguire la propria attività per tutti gli ospedali privati dedicati, in maniera totale o parziale, a tali specializzazioni (Eremo, Villa Regina, S.Pancrazio, S.Camillo, Solatrix, S.Famiglia)

  • Gli ospedali pubblici “di base” che resterebbero in piedi sarebbero solo quelli con bacino di popolazione di riferimento superiore a 80.000 abitanti e quindi quelli di Borgo Valsugana e di Arco mentre dovrebbero venire disattivati quelli di Cavalese, di Cles e di Tione.

  • Rimarrebbe un unico ospedale di primo livello, quello di Rovereto, che perderebbe la emodinamica interventistica e la rianimazione, la quale dovrebbe venir trasformata in una “terapia subintensiva”: tali specialità verrebbero riservate all’unico ospedale di secondo livello, il S.Chiara di Trento.

  • Lo stesso S. Chiara, per confermare la classificazione al secondo livello, sarebbe costretto ad un accordo di programmazione integrata con l’Ospedale di Bolzano per svolgere le diverse attività in forma collaborativa per coprire il bacino di utenza previsto per i presidi di secondo livello (fra 600.000 e 1.200.000 abitanti).

LE PROPOSTE PER LA RIORGANIZZAZIONE DELLA RETE OSPEDALIERA IN TRENTINO

La rete ospedaliera pubblica andrebbe ripensata con una forte spinta verso la dipartimentizzazione delle diverse attività e specialità con un ruolo centrale di coordinamento per l’ospedale di secondo livello (S.Chiara di Trento oggi, N.O.T. - Nuovo Ospedale Trentino domani): si dovrebbe in sostanza costituire una sorta di “ospedale unico provinciale” organizzato in dipartimenti con articolazioni periferiche negli ospedali di valle.

Il concetto cardine dovrebbe essere quello di garantire anche nelle strutture periferiche di valle prestazioni specialistiche di qualità: tale qualità dipende anche e soprattutto dall’esperienza e dalla casistica di ogni singolo operatore ed è direttamente proporzionale al numero di pazienti visitati e di anni di lavoro e di apprendimento svolti in ambienti adeguati. Si dovrebbe sostituire alla mobilità dei pazienti quella dei medici specialisti e degli operatori sanitari, in modo da evitare ai cittadini l’obbligo di trasferimenti verso il capoluogo per avere una prestazione all’altezza delle aspettative. Negli ospedali periferici dovrebbero coesistere i medici residenti, ai quali competerebbe comunque l’obbligo di garantire i servizi previsti per l’ospedale “di base”, con i consulenti provenienti a rotazione dal NOT in un continuo interscambio di esperienze e di informazioni a tutto vantaggio dell’arricchimento culturale degli operatori sanitari e della adeguatezza della prestazione resa ai pazienti.

Si dovrebbe inoltre realizzare una piena collaborazione fra pubblico e privato nella erogazione di un servizio, quello sanitario, che nella nostra organizzazione è di natura esclusivamente pubblica sia che venga erogato direttamente dall’azienda sanitaria pubblica sia che venga prestato da strutture private accreditate.

Gli ospedali privati trentini contribuiscono, soprattutto nel campo dell’ortopedia protesica, ad evitare l’incremento del flusso di pazienti verso le altre regioni che è la causa dell’aggravio del bilancio della nostra provincia per l’esodo dei pazienti trentini verso gli ospedali della altre regioni.

Le strutture private potrebbero inoltre garantire le prestazioni, in particolar modo quelle specialistiche ambulatoriali, soprattutto nelle zone a maggior densità abitativa, come il capoluogo, in modo da sgravare l’ospedale pubblico che potrebbe così consentire ai propri operatori quella mobilità a rotazione negli ospedali periferici a cui ci si riferiva sopra. Si eviterebbe così anche il fenomeno della mobilità dei pazienti dal centro alla periferia per l’esecuzione di indagini negli ospedali periferici per cittadini residenti nel capoluogo con necessità di lunghi viaggi con automezzi privati con conseguenti disagi, rischi ed incremento del traffico automobilistico.

Nel Trentino va inoltre ulteriormente valorizzata l’attività svolta dalle strutture private accreditate nel campo della riabilitazione e della lungodegenza: tale attività in questi anni ha raggiunto livelli di qualità particolarmente elevati tanto che le case di cura di Arco fungono da polo di attrazione per pazienti di provenienza extraregionale contribuendo a ridurre il saldo passivo della mobilità interregionale che penalizza il bilancio sanitario provinciale.

La riorganizzazione dell’assistenza sanitaria ospedaliera secondo i principi sopra enunciati sarà un banco di prova per la nostra autonomia che mai come ora viene seriamente minacciata nelle sue prerogative primarie soprattutto nel campo della tutela della salute del cittadino.

L’auspicio è che i vertici politici ed amministrativi del Servizio Sanitario Provinciale continuino, come negli scorsi anni, a difendere il nostro sistema fatto di ospedali di qualità e di intelligente collaborazione fra pubblico e privato nel raggiungimento dell’obiettivo di fornire al cittadino un servizio tempestivo ed adeguato riducendo le liste di attesa e l’onerosa mobilità dei pazienti: ciò a partire dal prossimo confronto nella Conferenza Stato-Regioni dove il ruolo del nostro Presidente e del nostro Assessore potrebbe essere determinante nel convincere il Ministro della Sanità ed il Governo a rispettare la nostra autonomia evitando lo smantellamento del nostro sistema assistenziale.

Allegata: Scheda ospedaliera Trentino