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APPROFONDIMENTI – Crisi da Spending review

di Mario Cotti (*) e Alberto Breschi (**) - 12.12.2012 15:46




[L’articolo è apparso su Il Sole 24 Ore Sanità del 28/11/2012]

ACCREDITATI, CRISI DA SPENDING - IL MIX DI TAGLI A POSTI LETTO E RISORSE SARA’ UN BOOMERANG PER IL SERVIZIO PUBBLICO

La manovra governativa (spending review e legge di stabilità) con cui il Governo ha messo in discussione la sanità in questi ultimi mesi, applicata alla nostra regione (Emilia-Romagna), presenta numerosi profili di profonda iniquità: colpisce in modo uguale con tagli lineari regioni virtuose e regioni con piani di rientro, realtà che hanno da tempo chiuso le strutture inefficienti ed hanno con la sanità privata un rapporto franco e paritario, e realtà con forti sprechi e modelli organizzativi lasciati al caso, nella migliore delle ipotesi.

In Emilia-Romagna a partire dal 1996, grazie ad una profonda collaborazione con l’Assessorato alla Sanità e con gli assessori Bissoni e Lusenti, è stata messa in piedi, con sforzi e sacrifici da parte di tutti, una rete pubblico-privata che ha garantito l’equilibrio delle varie componenti e mostrato i segni di una forte integrazione e complementarietà tra i due diversi soggetti, divisi dalla differente “natura”, ma accomunati dal fine e dalla connotazione pubblica del servizio reso.

Ora tutto viene rimesso in discussione in nome di una azione di revisione della spesa che ha tutto di quantitativo (come vedremo praticamente senza effetti sui livelli del deficit) e poco o niente sul versante della qualità.

Tre sono gli ambiti toccati dall’azione di governo e di riflesso oggetto delle strategie messe in atto dalle regioni in queste settimane: posti letto, budget e tariffe (in ordine inverso quanto a negatività sul sistema imprenditoriale privato).

Sui posti letto è stata prevista una riduzione lineare senza differenze fra regioni in dissesto e non, che, per come è strutturata (è di queste ore la bozza di decreto applicativo), falcidierà realtà ospedaliere piccole ed efficienti, accomunandole senza appello a quelle disorganizzate ed improduttive, e creando i presupposti perché il taglio sia diviso a metà tra pubblico e privato (quando il “peso” è invece in rapporto 1 a 6 …). Nella nostra regione 2500 posti letto da tagliare su 20.000 (ed il sistema era in equilibrio!) e praticamente un sacrificio richiesto anche al privato in misura insopportabile, che, essendo il sistema dell’ospedalità privata a budget sul fatturato, non apporterà nessun risparmio di spesa, ma solo un impoverimento patrimoniale e produttivo delle strutture.

Il posto letto, per queste nostre strutture, è una variabile che non incide sull’attività prestata per il SSN giacché ora circa il 70% della risorsa materiale è destinato al pubblico, essendo il restante 30%, pur accreditato, dedicato al privato pagante, agli enti terzi ed alle assicurazioni.

Anche sul budget il taglio è lineare e distribuito in Italia con le stesse percentuali (0,5% nel 2012, 1% nel 2013 e 2% nel 2014): in Emilia-Romagna non apporterà danni irreparabili al sistema privato, mentre colpirà duro in altre regioni, anche tra le virtuose, che spesso in questi ultimi quattro anni hanno in autonomia operato tagli del 15%, fino al 20%, rendendo più pubblica l’assistenza quanto alla natura dell’ente gestore (i ricoveri totali non sono diminuiti in corrispondenza) e più esposta a rischi di inefficienza nella produzione delle prestazioni.

Unito però alla manovra sui posti letto, il taglio del budget aumenterà l’intensità delle ripercussioni sull’equilibrio aziendale delle strutture, senza reali conseguenze sulla spesa complessiva: ciò che per la riduzione dei tetti non sarà fatto dal privato (la spending di per sé non guarisce …) finirà nel pubblico che, come si sa, o produce a costi più alti o è già oberato da afflussi insostenibili (letti in corsia e lunghe file nel pronto soccorso).

Ma veniamo al dato più pericoloso e rilevante.

Recentemente la sanità privata dell’Emilia-Romagna è stata convocata dalla Direzione Generale dell’Assessorato ad un incontro avente per tema la revisione tariffaria del sistema (remunerazione dei singoli ricoveri), in omaggio a quella parte della manovra governativa che attribuisce alle casse regionali l’eccesso di spesa dovuto a tariffe più alte di quelle nazionali (da emanare). Si noti che, essendo finanziate le strutture private “veramente” a budget (con forti penalità in caso di esuberi: 100% di quanto prodotto in più!!) crescere o calare la tariffa poco incide sul livello di spesa.

In quell’incontro è stato proposto di arrivare a riduzioni medie per il privato, rispetto alla tariffa attuale, del 25%-30% e di suddividere tutte le strutture in quattro fasce di importanza : super, A, B e C.

Ciò, a dire della Regione, avrebbe prodotto una “sferzata” (??) al sistema pubblico in grado di assorbire, in parte, i tagli al fondo sanitario e favorito la così detta territorializzazione dell’assistenza.

Le strutture private sarebbero state, quasi tutte assoggettate alla fascia “C” (-25% di tariffa), la riabilitazione ortopedica praticamente relegata a tariffe da lungodegenza, la psichiatria (ora residenziale) di fatto dimezzata quanto a livello di remunerazione.

Stiamo parlando di livelli tariffari che non lasciano alcun margine ad operazioni di recupero di efficienza (già attivate in questi 15 anni: le tariffe sono cresciute mediamente del 25% con l’inflazione al 45%-50%) e prefigurano niente di meno che la fine della presenza privata nel modello ospedaliero emiliano-romagnolo, che dell’integrazione tra questi due mondi aveva fatto, se non una bandiera, certamente un modello di coesistenza se non unico (assieme alla Lombardia) quanto meno del tutto particolare ed oggetto di studio ed imitazioni.

Ci si dice che tutto in questa fase storica è in evoluzione e che anche i modelli più riusciti devono cambiare e produrre adattamenti.

Siamo sicuri che sia questa la strada? Un percorso che passa per l’impoverimento immediato e senza appello di un intero settore (5500 posti letto e 8000 addetti, 350 milioni di euro di fatturato) non porta da nessuna parte. I bilanci delle nostre aziende chiudono già ora vicini al pareggio. La qualità espressa con l’adozione dei criteri di accreditamento istituzionale è alta e costosa, i controlli sono giustamente approfonditi e la casistica è nei canoni, già da tempo, dell’appropriatezza e della congruità assistenziale.

Crediamo che, volontariamente o meno, si stia portando il sistema ad un punto di rottura e ciò che sarà in gioco nei prossimi anni altro non è che l’assistenza ai malati, per come è comunemente intesa: il sistema privato dell’Emilia-Romagna produce ogni anno 110.000 ricoveri, 1/6 del totale, costa 1/10 del totale della spesa ospedaliera ed ha un case-mix (intensità di cura) molto simile al pubblico: dove finiscono i casi non trattati dal privato se il sistema, come certamente avverrà, andrà in crisi? E tutto in nome di una manovra tariffaria che, se non ha il fine dichiarato di azzerare un settore, non porterà benefici di spesa per il sistema, se non in quelle percentuali (0,5%, 1%, 2%) appena citate.

La nostra posizione non è però statica, siamo disposti ad affrontare ogni cambiamento o riconversione ci verranno richieste; il quadro di integrazione che abbiamo raggiunto ci porta naturalmente a “navigare” sulla stessa barca ed affrontare le stesse tempeste.

Non vogliamo essere da meno.

Abbiamo chiesto da anni di diventare “presìdi” del territorio proprio per accentuare questa nostra connotazione: siamo accreditati in modo definitivo, presenti in ogni settore, differenziati nell’attività e con pari incidenza media del peso tecnico dei ricoveri rispetto al pubblico.

Vogliamo restare nel sistema, ma siamo aziende private che non possono prescindere dall’equilibrio aziendale e dalle logiche di impresa, senza ripiani a fine anno e a piè di lista …..

La politica aveva capito da tempo che il sistema pubblico ha tutto da guadagnare dalla presenza di un privato forte e controllato, perfettamente integrato. Poiché crediamo che non abbia cambiato strategia, confidiamo che anche sui tre versanti appena descritti sappia trovare (anzi, ritrovare) la via dell’equità: rispettosa di tutti e propulsiva di un sistema misto che tale vuole restare e che intende affrontare assieme il cambiamento.

(*) Presidente regionale AIOP Emilia Romagna,

(*) Avvocato e consulente AIOP