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APPROFONDIMENTI – Intervento del prof. Menicanti alla presentazione del Rapporto 2012

di Lorenzo Menicanti (*) - 19.12.2012 12:01




Per me questo è un ambiente un po’ diverso dal solito. Io sono abituato a calcare le sale operatorie e poco le assemblee organizzative di questo tipo. Pur tuttavia, la cardiochirurgia per il suo profilo, essendo una branca medica costosa, che necessita investimenti importanti - non solo finanziari ed economici ma anche umani – rappresenta una scintilla traente per tutti i sistemi sanitari di tutto il mondo.

In effetti i confronti sulla bontà di un sistema sanitario molto spesso si fanno sulla bontà delle cardiochirurgie. La chirurgia cardiaca italiana l’anno scorso ha prodotto 43.000 interventi, circa 700 interventi per milione di abitanti, dato questo che ci pone al livello dei grandi paesi occidentali sviluppati, siamo sopra all’Inghilterra, alla Francia e poco sotto alla Germania. Questo descrive una grande attività chirurgica, con risultati di assoluto livello. Se prendiamo in considerazione i dati pubblicati dall’Agenzia nazionale per i servizi sanitari, la nostra cardiochirurgia vanta mortalità a 30 giorni che sono esattamente comparabili con quella dei grandi registri dei paesi più avanzati come gli Stati Uniti. In Italia esistono circa 90 centri cardiochirurgici con attività continuativa e volumi di interventi importanti; di questi, 31 sono di diritto privato.

I centri di diritto privato, dobbiamo ricordarlo, sono stati determinanti nell’eliminazione delle liste di attesa; ed ora. a differenza del passato, in Italia chi cerca una risposta per un problema cardiochirurgico, la trova in tempi brevi con risultati di assoluto rilievo. Questo, di fatto ha determinato la fine dei “viaggi della speranza” all’estero. I centri privati che si integrano quindi nella grande realtà del SSN offrono il ventaglio di tutte le possibilità chirurgiche; il fatto, come ho sentito prima dire, che il centro privato scelga il tipo di paziente da operare non risponde al vero, in cardiochirurgia non è così, e questo è chiaramente dimostrato dal case-mix delle patologie trattate nei centri di diritto privato.

I centri privati di cardiochirurgia producono chirurgia neonatale, che è ben conosciuta per avere costi elevati; trattano pazienti molto anziani, circa il 10% delle prestazioni cardiochirurgiche si rivolge a pazienti che hanno superato la soglia degli 80 anni, creando non solo problemi organizzativi; si pensi solo ad un’occupazione più prolungata dei letti in terapia intensiva con evidenti ricadute economiche, ma anche agli aspetti deontologici ed etici. Nei centri privati vengono impiantati sistemi di assistenza ventricolare meccanica. Solamente il trapianto cardiaco non viene espletato nelle strutture private. Bisogna però osservare che il numero di trapianti in Italia è basso e rappresenta, seppur prestigiosa, un’attività marginale. L’anno scorso sono stati eseguiti 293 trapianti cardiaci.

I centri cardiochirurgici privati rappresentano circa il 35% dei centri cardiochirurgici ma producono poco meno della metà degli interventi, circa il 46-47%. Queste cifre sono la dimostrazione dell’efficienza della cardiochirurgia accreditata. E’ chiaro che nel nostro paese ci sono delle realtà molto variegate, come diceva giustamente il presidente Bissoni di Agenas, pur tuttavia generalmente la performance è buona. La Società italiana di cardiochirurgia ha prodotto quest’anno il 4° Report dell’attività italiana e dobbiamo dire – e in particolare lo devo dire come Presidente della Società scientifica – che purtroppo tale Report mette in luce una scarsa partecipazione alla raccolta dei dati. E’ vero che è un Report di tipo volontario, ma hanno partecipato solamente 31 centri, sui 90 attivi in Italia. Va detto che vi è una grande partecipazione dei centri privati, il 60% di questi aderisce al data base della Società Italiana di Cardiochirurgia e una scarsa partecipazione di quelli pubblici, solo il 30%. Ritengo sia importantissimo che vi sia una stretta collaborazione tra Istituzioni ed in particolare Agenas e la Società di Cardiochirurgia perché si possa avere una raccolta dati obbligatoria come avviene già in alcune Regioni italiane come l’Emilia Romagna o la Puglia.

Questi dati mostrano però chiaramente che c’è una volontà importante delle strutture private di essere completamente trasparenti, di pubblicare i dati in termini di mortalità ed analizzare i risultati, quindi ritengo che quello che si è sentito questa mattina sia estremamente importante perché ormai, come è stato detto, siamo tutti sulla stessa barca. Ritengo che creare un rapporto stretto con Agenas a questo punto sia fondamentale perché l’esatta conoscenza del tipo di risultato ottenibile nel medio e lungo periodo è la base per proporre il giusto trattamento.

Mettere in pratica il trattamento più appropriato è anche il mezzo più sicuro per ottenere risparmi in sanità. Il Presidente Bissoni poco fa ha detto che la tecnologia impatta pesantemente nei costi. Non sappiamo però esattamente che impatto si possa avere realmente nel medio e lungo periodo. Vi sono tecniche “antiche” che danno risultati strepitosi, ci sono tecniche nuove costosissime il cui risultato reale in alcuni casi è dubbio. Porto un esempio: l’impianto di una valvola aortica per via percutanea, la famosa Tavi, in alcuni paesi come Belgio o Inghilterra è stata contingentata in modo importante perché ha dimostrato di non portare un beneficio reale, se non in casi super selezionati, con un costo enorme.

E’ chiaro che un paziente pensa che un impianto di una valvola senza un intervento tradizionale sia preferibile ma questo non ha un corrispettivo nei risultati ed è un costo per il sistema sanitario molto elevato, quindi l’appropriatezza del gesto è fondamentale per il risparmio ma soprattutto è fondamentale per il benessere duraturo dei nostri pazienti. Questa è sicuramente la cosa più importante.


(*) Direttore della Cardiochirurgia II dell’IRCCS Policlinico San Donato