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PRIMO PIANO – Ricordo del Premio Nobel Rita Levi Montalcini

 - 08.01.2013 16:56

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Lo scorso 30 dicembre, all’età do 103 anni, è morta il Premio Nobel Rita Levi Montalcini.

In questi giorni i media hanno raccontato e riassunto la sua lunga vita. Per due volte la Sede nazionale AIOP ha avuto modo di incontrarla: in una intervista di Luciano Onder pubblicata su MondoSalute (n.6/2003) e in occasione del 1° Gala per i premi Aiop dedicati alla Comunicazione e alla Ricerca nel dicembre 2003, in cui la prestigiosa ricercatrice accettò l’invito dell’allora Presidente Nazionale AIOP Emmanuel Miraglia, e a cui si riferiscono le foto allegate.

Nel ricordare la Montalcini, vogliamo farlo ripubblicando l’intervista di 10 anni fa.

Mondo Salute n.6/2003

Luciano Onder intervista la grande scienziata italiana che aprì un varco nello studio della neurobiologia

Levi Montalcini: quando la scienza è laica

Rita Levi Montalcini, classe 1909, una vita lunga quasi un secolo, una vita di scienziato, medico, ricercatore. Qual è stato, professoressa, il giorno più esaltante della sua carriera? 
Non è facile rispondere, tali e tanti sono stati questi giorni, da lei definiti, esaltanti. Potremmo dire quello in cui, durante ricerche banali, seppure di neurobiologia, mi sono resa conto che il sistema nervoso rispondeva a stimoli esterni, e non era programmato dal punto di vista genetico. E' difficile dire come sono arrivata a questo, tuttavia, una ricerca condotta nel 1949/50 mi ha creato la certezza che il sistema nervoso rispondeva a messaggi che arrivavano dalla periferia, il che non era nei dogmi del tempo.

Lei è nata a Torino nel 1909 da una famiglia ebraica. Che cosa ha significato, cosa significa per lei essere ebrea? 
La mia famiglia era ebraica, come dice il nome, tuttavia completamente liberale. Praticamente devo confessare di non essere mai andata in sinagoga, pur riconoscendomi nella questione dell'etnia ebraica. Io sono profondamente laica e nello stesso senso, si puo' dire religiosa in quanto credo nei valori, alla base di tutte le religioni. Non ne seguo una in particolare, non quella cosiddetta ebraica, non quella cristiana, non una in particolare. Massimo rispetto per tutte pero'.

Ha trovato difficoltà, da ragazza, ad intraprendere gli studi di medicina? 
Non era prevista la mia carriera. Abbiamo fatto studi come mio padre desiderava. Ci voleva profondamente bene, eravamo tre sorelle e un fratello . Tuttavia non era prevista una carriera scientifica; ho avuto il permesso da lui di intraprenderla quando, quasi a 20 anni, non desideravo seguire la carriera tipica di moglie e madre. Mi ha lasciato riprendere gli studi con difficoltà, ma assecondò il mio desiderio.

Donne di spicco nella ricerca scientifica sono rare, lei ha avuto difficoltà?
Le donne di spicco oggi non sono affatto rare, anzi, oggi sono molto più numerose degli uomini. E' questione del tempo in cui uno è nato. Se uno nasce, oggi, nei paesi poveri orientali o del sud è quasi impossibile fare carriera. Oggi fortunatamente, in paesi ad alto sviluppo culturale come il nostro non è più una difficoltà. Le donne dimostrano enormi capacità, del tutto pari, e forse anche maggiori degli uomini perché, c'è più impegno da parte femminile che maschile. Quindi nei nostri laboratori prevalgono le donne ed eccezionali sono i risultati delle loro ricerche.

Compagni di classe

Tre allievi del Professor Levi, tre premi Nobel, compagni di classe: Rita Levi Montalcini, Renato Dulbecco e Salvador Luria: come mai nello stesso ambiente, negli stessi anni? 
Beh, direi, forse, un po' il caso. Salvador Luria era mio amico d'infanzia, Renato Dulbecco l'ho conosciuto al primo anno di università. Casualmente, direi, non c'era niente di previsto, quello che veramente è stato importante è essere stati allievi di un grande scienziato e di una persona, dal punto di vista etico, di altissimo livello: Giuseppe Levi.

Negli Stati Uniti

Un passo importante per lei è stato nel 1947 andare negli Stati Uniti. Per quale motivo ha sentito questa necessità? 
Non ho sentito questa necessità. Sono stata invitata. Le ricerche fatte nella mia camera da letto sono venute a conoscenza di Sir Victor Hamburger, uno scienziato di valore, alla Washington University. Aveva letto le mie ricerche che contraddicevano le sue. Lui scrisse al professor Giuseppe Levi, poi a me, e disse che desiderava incontrarmi, perché io passassi qualche mese con lui negli Stati Uniti. Ho accettato il suo invito. Sono partita, come lei ha detto, nel settembre 1947 con Renato Dulbecco per gli Stati Uniti. Anziché rimanere pochi mesi rimasi 30 anni.

Che realtà ha trovato nel mondo scientifico americano? 
Diciamo che in quegli anni la differenza tra Stati Uniti e Italia era immensa.Il rigore e le attività scientifiche massime. Quindi io ho trovato un ambiente molto favorevole, molto generoso verso chi arrivava, e io ero fra questi. Anni splendidi di collaborazione con Victor Hamburger e con quelli di quel gruppo. Tutto questo l'ho scritto nel prologo del "Cantico di una vita", un recente volume, nel quale io, giorno per giorno, a mia madre e a mia sorella dicevo le mie impressioni, sia dal punto di vista scientifico che dal punto di vista sociale, della mia vita a Washington University.

Quando si è resa conto di avere in mano la proteina responsabile della nascita dei neuroni?
Esattamente il periodo più affascinante, più impressionante della mia vita e' stata quando le mie ricerche di neurologia in biologia mi hanno dimostrato la non validità dei dogmi dei tempi. Che, cioè, tutto il sistema nervoso fosse programmato a livello genetico, e mi sono resa conto che al contrario non era vero. Il sistema, in quel caso sensoriale e simpatico, rispondevano a messaggi che arrivavano dalla periferia, e le fibre nervose andavano dove io desideravo. Ho capito che era falso quello che allora era ritenuto da tutti dominante e che, cioè, il sistema nervoso fosse programmato geneticamente, e non modificabile dall'ambiente. La scoperta di questa sostanza proteica, che io ho chiamato No Grows Factor, dimostrava che le fibre nervose seguono la direzione dove c'e' questa determinata sostanza. L'assenza di questo fattore determina la morte delle cellule che non hanno la possibilità di raggiungere questa molecola.

Il Nobel

Come ha appreso la notizia del premio Nobel che le è stato assegnato? 
E' stato nell'ottobre del 1986 quando ho avuto la telefonata della giuria del Nobel. Ho risposto con molto piacere a questa notizia. Purtroppo Victor Hamburger non era stato incluso e questo, ha creato difficoltà in seguito.

Che cosa consiglierebbe a un giovane che vuole iniziare una carriera di scienziato? 
Massimo impegno e massima capacità di dedicarsi a tempo pieno alla ricerca e credere nelle sue possibilità. Naturalmente la ricerca scientifica oggi è molto più difficile di quanto non fosse ai miei tempi. Io ero l'unica, e ho avuto la fortuna del riconoscimento del Nobel perchè ho affrontato un problema considerato impossibile in quel periodo. Io mi sono addentrata nella giungla del sistema nervoso, affascinata dalla bellezza del sistema e anche dalla possibilità di realizzare ricerche che forse altri non potevano fare.

Ritorno a casa

Perché dopo il lungo soggiorno negli Stati Uniti è rientrata in Italia? 
Desideravo rivedere mia madre e mia sorella Paola e la famiglia. D'altra parte le condizioni in Italia quando sono rientrato nel 1961 erano migliorate.

Ecco, lei ha citato sua sorella Paola: una grande pittrice, allieva del pittore Casorati.
Paola è la mia gemella. Ci siamo adorate dal giorno in cui ci siamo viste, dalla nascita vorrei dire. L'estrema sua capacità creativa, le estreme sue doti umane… Con lei i rapporti sono stati meravigliosi, dal giorno in cui siamo nate al giorno in cui mi ha lasciato, il 29 settembre 2000. Ed è stata una vita splendida in quanto ho visto in lei una donna d'eccezionale valore. Ho potuto sopravvivere alla sciagura del suo distacco scrivendo un libro: "Un universo inquieto", uscito di recente. A mia sorella ho dedicato questo libro, perchè ci scrivevamo giornalmente, quando io ero in America e lei in Italia. Era una persona di eccezionale sia dal lato artistico sia dal lato umano.

Attualmente a quali iniziative sta lavorando?
In questi ultimi anni continuo la ricerca, anche non potendo lavorare in laboratorio per l'assenza quasi completa della vista e per altri problemi. Tuttavia dedico la maggior parte del mio tempo a problemi sociali, all'aiuto alle donne africane. Faccio tutto ciò che posso, dedico tutte le mie sostanze, le mie proprietà a loro. Il mio impegno è dare alle donne africane la possibilità di avere accesso agli studi. Noi tutti sappiamo qual è la tragica situazione nelle regioni africane: le bimbe non hanno accesso agli studi.

Nel suo ultimo libro "Tempo di mutamenti" lei dice che il nostro sistema di vita non è compatibile con i diritti dell'intero globo. Che vuole dire? Io ritengo che molte cose vadano cambiate, particolarmente dal punto di vista dell'infanzia. Nel periodo puberale , prepuberale e adolescenziale, noi dobbiamo riconoscere nel bimbo, nell'infante un cervello in pieno sviluppo, e quindi cambiare i metodi didattici oggi in voga ,che sono non quelli autoritari del periodo vittoriano ma quelli super permissivi. Dobbiamo riconoscere nell'infante un cervello, un'enorme capacità di rispondere ai messaggi che riceve. A tutt'oggi ciò non e' stato fatto. Io accenno proprio a questo nella prima parte del libro, alle potenzialità inesplorate del bambino e poi, in tutto il resto io ritengo che oggi e' obbligatorio riconoscere un nuovo sistema educativo, particolarmente in base alle enormi capacità dell'infante, che può perfino avvantaggiarsi delle nuove tecniche informatiche.

Ricerca italiana

Come giudica il panorama della ricerca oggi in Italia, quali prospettive ci sono per chi vuol lavorare qui? 
Direi che ancora non ci sono ,non ci sono mai state .Noi abbiamo una gioventù splendida, non certamente inferiore a quello degli Stati Uniti e delle altre nazioni. Tuttavia per motivi che non riesco a spiegarmi, l'Italia non ha mai favorito ,come invece la Francia, l'Inghilterra ,la Germania, la possibilità di progredire in base alle capacità e non in base ai favoritismi.

Quali sono state in questi decenni le ricerche biomediche più importanti, che lei vede come guida della ricerca, dello sviluppo? 
A mezzo secolo dalla scoperta del Dna da parte di Watson e Crick , sappiamo che questa ricerca e' di enorme importanza ,ma molte altre ricerche sono state fatte, non ultima quella delle neurotrofine che e' iniziata con la mia scoperta.

Secondo lei la scienza allontana o avvicina alla fede?
Direi sono due cose completamente separate: non è certamente contro la fede, assolutamente non allontana. La fede è un privilegio che non tutti hanno ma se si ha la possibilità di essere seguaci di una religione, e allo stesso tempo scienziati, questa è una scelta personale. Non c'è assolutamente discrepanza tra le due.