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APPROFONDIMENTI – Cassazione: il curriculum tiene in “vitae” il medico

di Enrico Andreoli, Giurista sanitario - 23.01.2013 12:56

Trascuratezza del profilo personale-professionale del medico nella valutazione finalizzata alla comminazione di una sanzione disciplinare.

E’ questo il profilo su cui poggia la decisione resa dalla Suprema Corte nello scorso mese di settembre di annullare e rinviare in primo grado l’ordinanza di sospensione disciplinare dell’attività clinica.

Nel dettaglio, la Terza Sezione Penale della Corte di Cassazione, precisamente con la sentenza n. 35472, depositata il 14 settembre 2012, ha rimandato ai giudici del Tribunale dell’Aquila il provvedimento con cui si disponeva il divieto di esercitare la professione rivolto a un ginecologo, indagato per lesioni e omicidio colposo successivamente alla morte di una paziente in laparoscopia.

Il dictum degli Ermellini affronta una questione già incontrata l’anno precedente (esattamente la sentenza n. 42588/2011), nella quale si era deliberato che fosse lecito fermare, in attesa di fare luce sull’accaduto, un chirurgo dall’attività in presenza di grave incompetenza. La Corte ne aveva anche delineato le esigenze cautelari che giustificassero la sanzione: una condotta difforme rispetto alle regole cautelari, grado di evitabilità dell’evento, quantum di esigibilità della condotta omessa e modalità di esercizio della professione.

Indi per cui i magistrati aquilani avevano disposto la sospensione per un bimestre per «gravi indizi di ripetute condotte gravemente negligenti», nonché «un elevato grado di colpa».

La Cassazione però contesta che i giudici di merito abruzzesi non hanno esaminato la «ricostruzione della personalità dell’indagato» ex art. 133 del codice penale, pur avendo tenuto in debita considerazione nel decreto l’ottima esperienza curriculare e l’inesistenza di pregresse vicende colpose.

Ciò si traduce in un errore della sentenza abruzzese «nella parte in cui non è stata compiuta una valutazione del percorso e del pregresso professionale del ricorrente» ed il chirurgo non può subire sanzioni deteriori «in relazione ad accertamenti in corso».

Quindi un vero e proprio vizio di motivazione da parte del tribunale.

Id est, non si possono irrogare sanzioni disciplinari al medico indagato prima di aver valutato l’esperienza anteriore dello stesso.

Questo è il principio per cui il fascicolo è ritornato in Abruzzo e tutto è ancora sub judice in attesa di un nuovo, o meno, orientamento.

Si può proprio dire che il sanitario “candidato” alla sanzione possa presentare al “colloquio” con la Procura la propria competenza per essere da questa “esaminata”.

Un curriculum”salva-vitae” professionale.