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APPROFONDIMENTI - Standard ospedalieri: perché il Governo non può agire da solo

Enrico Andreoli, Giurista sanitario - 14.02.2013 09:57

Previa Intesa della Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le Regioni e le Province autonome di Trento e Bolzano”.

Questa è la formula di inciso che accompagna l’articolo 15, comma 13, lettera c) della Legge 7 agosto 2012 n. 135 (“Spending Review”).

La disposizione non è di poca importanza poiché riguarda l’adottando provvedimento governativo in tema di standard qualitativi, strutturali, tecnologici e quantitativi relativi all’assistenza ospedaliera. Si tratta della nota Bozza “Balduzzi-Grilli” dello scorso novembre, la quale nel suo impianto originario di matrice ministeriale prevedeva (e prevede) il taglio completo, cioè la scomparsa (in quanto non si contemplano soluzioni alternative di ridestinazione) delle strutture private accreditate con meno di 80 posti-letto.

In realtà nello scorso mese di dicembre, in occasione di una Conferenza straordinaria sulla Sanità, le Regioni hanno proceduto ad una “rivisitazione” e ad una “riscrittura” del testo del decreto per l’adozione dei suddetti standard. Nei propositi regionali ora vi è la riduzione della soglia a 60 posti-letto per acuti.

Inoltre i criteri per il calcolo della riduzione si allarga notevolmente: la media dei posti-letto delle strutture di ricovero pubbliche ed equiparate, l’attività delle cliniche, il day hospital, il nido, il pronto soccorso, le sale operatorie, l’ospedalizzazione domiciliare e i nati immaturi. Per gli standard delle singole discipline dovranno essere presi in considerazione i parametri epidemiologici, di specificità e accessibilità del territorio e l’integrazione tra le varie discipline dovrà seguire il modello dipartimentale e per intensità di cura. Per quel che concerne la sicurezza, la privacy, la sostenibilità energetica i livelli dovranno trovare applicazione secondo i dettami della legge 189/2012 (“Legge Balduzzi”), congiunti alle risorse che vengono recuperate dal programma di edilizia sanitaria. Per la chirurgia ambulatoriale gli standard indicati nell’allegato al decreto varranno solo in «prima applicazione».

Precipuo il calcolo dei posti-letto per 1.000 abitanti.

Il parametro è la popolazione “pesata” alla stregua dei criteri per il costo standard per l’assistenza ospedaliera. Il numero dei p.l. viene poi aumentato per le Regioni con saldo attivo di mobilità interregionale: si procede prima al calcolo del costo medio per p.l., poi si divide per il saldo di mobilità attiva (per il fabbisogno 2013) secondo il valore finanziario dei ricoveri.

Si giunge così al numero dei p.l. equivalenti utilizzati per la mobilità dei pazienti tra Regioni.

Si equiparano ai p.l. ospedalieri quelli residenziali di strutture sanitarie territoriali per le quali gli enti regionali provvedono ad un esborso giornaliero a carico del SSR pari o superiore a un valore soglia equivalente alla tariffa regionale giornaliera per la giornata di lungodegenza ospedaliera (eccezione per quella per le cure palliative, la terapia del dolore, la salute mentale e la riabilitazione).

In sintesi, le Regioni si sono compattate e hanno fatto squadra attraverso trattative “martellanti”, cominciando seriamente a porre i primi paletti della staccionata protettiva dell’offerta ospedaliera regionale.

Perché abbiamo citato la “previa Intesa” nel preambolo alle correzioni citate?

Recentemente si stanno rincorrendo, a livello ministeriale, dei rumours sulla volontà dell’Esecutivo di adottare ugualmente il decreto (o il regolamento) nella sua veste originale (soglia di 80 posti-letto, come accennato), approfittando del “vuoto” e della “distrazione” generale elettorale, senza il parere delle Regioni e delle Province autonome.

Il che significherebbe che Palazzo Chigi vorrebbe rimettere in discussione l’accreditato privato, facendo disperdere confusamente le cliniche con il rischio di destinare alcune di loro a morte certa, in una prateria sconfinata di incertezza.

Il Governo, dal canto suo, ha avallato la possibilità di procedere con il suo iter autoritativo unilaterale e non concertativo, asserendo la “debolezza” del parere delle Regioni riunite. Nei fatti la compagine governativa si sente in grado di spalancare il cancello delle cliniche a suo piacimento.

Questo, il binomio Balduzzi-Grilli non lo può fare.

Affermare (come fa il Governo) che l’Intesa con le Regioni è debole equivale ad un errore giuridico molto rilevante.

Spieghiamo nel dettaglio perché invece l’Intesa della Conferenza Stato-Regioni è indispensabile per l’adozione del regolamento sugli standard.

Esiste nel Trattato di Maastricht, la scintilla che ha acceso l’Unione Europea, un caposaldo fondamentale: il principio di sussidiarietà («nelle materie che non rientrano nella propria competenza esclusiva, la Comunità europea potrà intervenire soltanto e nella misura in cui gli obiettivi prefissati non possono essere conseguiti in maniera soddisfacente dagli Stati membri»).

Questo significa che ogni ente sovraordinato (in questo caso il Governo nazionale) ha solo una funzione sussidiaria rispetto all’ente locale più vicino al cittadino (le Regioni).

Il principio di sussidiarietà è stato recepito nell’ordinamento giuridico italiano in due fasi: con la riforma del Titolo V della Costituzione (la legge costituzionale 18 ottobre 2001 n.3) e con la legge 5 giugno 2003 n. 131 (attuativa della riforma).

Oggi il principio di sussidiarietà è un principio costituzionale.

A corroboramento di ciò è di coadiuvo la storica sentenza n. 303/2003 della Corte Costituzionale.

Il Giudice delle Leggi pone dei limiti scrupolosi all’attività sussidiaria c.d. “dinamica” dello Stato in materia, come la tutela della salute, costituzionalmente in mano alle Regioni.

Nel ragionamento e iter logico della Consulta assume un valore rilevante il principio dell’intesa o dell’accordo, considerato valore costituzionale complementare a quello di sussidiarietà, all’interno del procedimento di sussunzione (o avocazione) delle competenze.

L’Intesa è importante perché è espressione del principio costituzionale di leale collaborazione.

Ecco che in questo modo le Regioni non giocano più solo un ruolo di mere comparse che si siedono ad un tavolo con poteri consultivi, ma diventano “a pieno titolo” componenti dell’organo decisionale.

Ergo lo Stato può attribuirsi delle competenze che NON gli spetterebbero secondo la Carta Costituzionale SOLO in virtù di una previa (ma anche successiva) intesa o accordo con l’ente o gli enti interessati, cioè le Regioni.

Riassumendo, l’Intesa con la Conferenza Stato-Regioni è vincolante per l’Esecutivo.

Questo il parere di Piazza del Quirinale.

Essendo l’Intesa di conseguenza una condizione di efficacia più che un requisito di legittimità, l’eventuale e testarda attività unilaterale dello Stato non risulterebbe in alcun modo vincolante per le Regioni.

I rimedi in mano agli enti sub-statali sarebbero due.

Il primo, in caso di legge statale o altro atto avente forza di legge, prevederebbe la facoltà di ricorrere alla Corte Costituzionale per violazione del principio di leale collaborazione.

Il secondo, in caso di una norma regolamentare, una contestazione dinanzi al giudice amministrativo in quanto il provvedimento governativo sarebbe viziato da eccesso di potere.

L’Intesa, pertanto, è uno strumento di concertazione irrinunciabile, “istituzionalizzato” nella citata legge 131/2003 quando afferma che le Intese sono «dirette a favorire l’armonizzazione delle rispettive legislazioni o il raggiungimento di posizioni unitarie o il conseguimento di obiettivi comuni».

Ma più importante ancora è il capoverso in cui si afferma che «nelle materie di cui all’art. 117, comma 3 e 4, della Costituzione non possono essere adottati gli atti di indirizzo e coordinamento» del Governo.

Nell’articolo 117 rientra anche la tutela della salute , quindi lo Stato non può intervenire nella materia autonomamente senza la “previa intesa vincolante” di cui sopra.

A confermare tale orientamento ci ha pensato un’altra decisione della Consulta, pronunciata recentemente, la sentenza n. 297/2012 depositata lo scorso 19 dicembre.

E’ stata dichiarata la illegittimità dell’articolo 5 del decreto “salva Italia” (legge 214/2011) nella parte in cui non contempla l’Intesa in Conferenza Unificata sul DPR con il quale si sancisce la rivisitazione dell’indicatore della situazione economica equivalente.

Motivazione: la mancata previsione dell’Intesa costituisce violazione del principio di leale collaborazione, ut supra.

Risultato: l’Intesa è sempre vincolante.

Il Governo dovrà molto saggiamente chiedere il permesso alle Regioni “custodi” prima di poter mettere piede nell’ospedalità regionale.

L’auspicio per gli Assessori regionali alla Salute, in questo periodo di pericolosa concitazione elettorale, è di tenere gli occhi ben aperti.